Autore: Alan Davìd Baumann
Editore: Città
del Sole
Collana: I TEMPI DELLA STORIA/28
Anno edizione: 2021
Pagine: 248 p.,
ISBN 97-888-8238-227-8
Collana: I TEMPI DELLA STORIA/28
Pagine: 248 p.,
ISBN 97-888-8238-227-8
PREFAZIONE DI LIA LEVI
“La Guerra dei 6 Giorni non terminò con mio padre” è una raccolta di emozioni trasmesse da articoli, lettere personali e ricordi che Alberto Baumann ha tentato di condividere non soltanto in famiglia, ma anche con i suoi amici e lettori. Fra il 1967 ed il 1969 aveva visto quel che molti non hanno voluto scorgere neanche dopo 53 anni. Solo da poco l’antisemitismo, l’antiisraelianismo e l’antiebraismo sono stati riconosciuti come aventi la stessa radice razzista: 3 facce della stessa medaglia. Politica, ignoranza, opportunismo e tante altre cose potrebbero però cambiare, se ci si volesse rendere conto che una cosa sola rimane quella che è: la storia.
PAGINA SUL SITO DELLA CASA EDITRICE :
Alan Davìd Baumann è nato a
Roma il 15 maggio 1964. Ha fondato nel 2005 e dirige tuttora la testata
giornalistica on-line “L’ideale” (https://www.lideale.info). Nel 2015 ha
creato “ABEF – archivio baumann e fischer” e nel 2020 è nata la Fondazione Eva
Fischer. Dichiara di Vendere Fantasia: una figura professionale che ne incorpora tante
altre. 30 anni di esperienza che hanno forgiato questo job, attraverso la
raccolta di idee, emozioni, colori. Relazioni e connessioni tra grafica, giochi
di parole, marketing, contatti, informatica, editoria, mostre d’arte, convegni,
giornalismo, creazioni di logo, concetti, ecc. . Unire pensieri ad azioni, far
diventare fatti le parole. Rendere realtà la fantasia, significa portare avanti le proprie idee rendendole
di facile impatto ed utilità, come lo scrivere per chi non sa (fra le prime
nozioni del giornalismo), senza offuscarne il gusto, la qualità, l’obbiettivo
di spartire le proprie idee. “Vendere Fantasia”, perché solo grazie ad essa si può attivare una condivisione
positiva e tramutare un’esistenza passiva. Vendere immaginazione condita con
creatività. (http://www.abef.it –
info@abef.it)
Lia Levi scrittrice e giornalista italiana; nasce a Pisa da una famiglia piemontese di
religione ebraica.
Al principio degli anni Quaranta del Novecento la famiglia si trasferisce a Roma, dove la scrittrice
vive tuttora. Da bambina ha dovuto affrontare i problemi della guerra e della
persecuzione razziale. Dopo l'8 settembre 1943 riuscì a salvarsi dalle deportazioni
nascondendosi con le sue sorelle nel collegio romano delle Suore di San Giuseppe di Chambéry.
Sceneggiatrice e giornalista, è
autrice sia di romanzi per adulti che per ragazzi. Nel 1967 ha fondato e
diretto il mensile di cultura ed informazione ebraica, Shalom.
Nel 1994 pubblica il
libro "Una bambina e basta" (premio Elsa Morante opera prima), senza
volersi indirizzare a un pubblico di ragazzi, ma poi diventato un classico nelle
scuole. L'opera racconta la sua storia, quella di una bambina ebrea
che durante le persecuzioni razziali si trova improvvisamente ad affrontare
problemi più grandi di lei, molto spesso ingigantiti e resi ancora più
difficili dagli adulti. Non a caso nella prefazione del libro recita: «Non mi
piacciono i grandi quando decidono di farti un discorso: si sentono evoluti e
magnifici, ti guardano negli occhi, cercano il tono a mezza altezza… ora saprai
tutto anche tu, ci penseranno loro a impacchettarti la notizia come una
merendina». È uno dei primissimi racconti autobiografici ad affrontare il
problema dell'impatto traumatico che le persecuzioni ebbero sui bambini ebrei
in Italia, anche tra coloro che non furono deportati nei campi di sterminio,
costretti a lasciare le loro case e a vivere nascosti nella paura, spesso
separati dai propri genitori.
Sceneggiatrice e giornalista, è autrice sia di romanzi per adulti che per ragazzi. Nel 1967 ha fondato e diretto il mensile di cultura ed informazione ebraica, Shalom.
Nel 1994 pubblica il libro "Una bambina e basta" (premio Elsa Morante opera prima), senza volersi indirizzare a un pubblico di ragazzi, ma poi diventato un classico nelle scuole. L'opera racconta la sua storia, quella di una bambina ebrea che durante le persecuzioni razziali si trova improvvisamente ad affrontare problemi più grandi di lei, molto spesso ingigantiti e resi ancora più difficili dagli adulti. Non a caso nella prefazione del libro recita: «Non mi piacciono i grandi quando decidono di farti un discorso: si sentono evoluti e magnifici, ti guardano negli occhi, cercano il tono a mezza altezza… ora saprai tutto anche tu, ci penseranno loro a impacchettarti la notizia come una merendina». È uno dei primissimi racconti autobiografici ad affrontare il problema dell'impatto traumatico che le persecuzioni ebbero sui bambini ebrei in Italia, anche tra coloro che non furono deportati nei campi di sterminio, costretti a lasciare le loro case e a vivere nascosti nella paura, spesso separati dai propri genitori.