mercoledì 5 ottobre 2022

Sulla cinematografia italiana e l’ebraismo... di Riccardo Guerrieri


È stato al mio rientro dalle vacanze estive in Calabria che avevo progettato di scrivere qualcosa riguardo alla cinematografia avente una relazione con l’ebraismo. 

Ero stato colpito dagli ultimi titoli dei film italiani che  erano  stati  centrati  sulla  vita degli  ebrei, cioè « La vita davanti a sé », girato in Puglia con Sofia Loren, e nelle sale dal 2020, ed il film «Alla Vita», con Riccardo Scamarcio, nelle sale nel 2022. 

 


Entrambi i film presentano nel titolo un richiamo a quello che è stato il film italiano dal successo internazionale, «La vita è bella»; eppure il loro destino è stato su tanti punti molto diverso e mi era parso necessario contribuire ad una loro maggiore diffusione.
Nel frattempo, l’ingresso a fine settembre in duecento sale italiane del film «Where is Anne Frank» (con il titolo italiano mutato in «Anna Frank e il diario segreto») poneva l’attualità di quel messaggio che dovremmo ascoltare per far sì che certe tragedie della Storia non si ripetano. 
È nato così, il nuovo film d’animazione del regista israeliano Ari Folman, già coautore, nel 2017 e 2022, per le edizioni Einaudi, di due libri-fumetto (graphic novels) su Anne Frank, destinati a far conoscere la tragedia dell'Olocausto a milioni di ragazzi. 
Infatti lo stesso sceneggiatore-regista Folman avvertiva che «gli ultimi sopravvissuti stanno morendo e, senza testimoni in vita in grado di raccontare la storia, è importante trovare qualsiasi modo per preservare l’interesse, soprattutto delle nuove generazioni».
Il recente annuncio del probabile ultimo film diretto da Wody Allen (alias Allan Stewart Konigsberg) mi è parso un fulmine a ciel sereno. Erano stati proprio i suoi film, con quella sua comicità yiddish tutta particolare (vedi come ha trattato nel 1979 il film sull’ebreo intellettuale di Manhattan), che avevan contribuito a creare in me l’interesse per l’humor ebraico americano, poi sfociato in una reale amicizia con lo specialista francese dell’humor americano, cioè Steve Krief.
L’articolo di Gianlorenzo Franzi avvertiva che Allen, dopo il suo cinquantesimo film, si voleva dedicare alla scrittura. Questa notizia, colta sulla Rete, mi è parsa richiamarmi alla necessità di reintegrare gli ultimi film italiani all’interno della produzione cinematografica, esaminando questa nei suoi collegamenti alla produzione letteraria.
Non è certo anodino il fatto che Moretti, nel 2021, abbia rinunciato per la prima volta ai propri copioni ed abbia presentato al pubblico la versione cinematografica del romanzo «Tre piani» dell’autore israeliano Eshkol Nevo. Come è stato rilevato dal giornalista milanese Roberto Zadik, «la cultura israeliana, così come quella ebraica in generale, sono sempre più stimolanti e anche il cinema italiano sembra ispirarsi ad esse ».
Dando anche un rapido sguardo alla produzione cinematografica centrata sull’ebraismo si coglie l’evidenza del fatto che la letteratura offre larghi spunti per i registi nella concezione della loro opera, ed allora non stupisce che il film «La vita davanti a sé» del regista Edoardo Ponti si ispiri al romanzo omonimo di Romain Gary, come il precedente film francese del 1977,  «La vie devant soi».
Nella versione italiana del 2020, però, se alcuni ruoli ed alcune situazioni sono modificate rispetto all’opera narrativa o al film francese diretto da Moshé Mizrahi, ci sono anche alcuni rinvii, a mio giudizio, per opposizione e trasmutazione, al romanzo del 1837 «Oliver Twist» ed al suo adattamento cinematografico del 1948 realizzato da David Lean.
Il film italiano ha rinunciato all’ambientazione nelle metropoli londinese o parigina per situare il racconto in Puglia, ed a tratti nel quartiere ebraico di Trani. La voce narrante resta quella di un bambino, ma è Momo, un senegalese musulmano, orfano. Il ragazzo è dedito ad atti di delinquenza propri dell’epoca odierna, il furto e lo spaccio di droga, ai quali si sottrarrà per merito dei personaggi ebrei. L’ebraismo appare nel film dapprima con il medico Cohen; poi il collegamento tra l’ebraismo e la protagonista, madame Rosa, si scopre quando inaspettatamente lei, che custodisce i figli di emarginate, dà lezioni di ebraico. Molto di ciò che era presentato come stigmatizzante nel romanzo britannico di Charles Dickens viene stravolto e presentato come valorizzante ciò che risulta ebraico.
Così si capisce che la protagonista è ebrea non tramite il tradizionale riferimento, nel film di Lean, al naso, ma perché offre alla camera la vista del tatuaggio sul suo braccio.
Questo stesso gesto l’attrice protagonista, cioè Sofia Loren, madre del regista Edoardo Ponti, lo aveva già effettuato in un altro film del 1966, «Judith», diretto da Daniel Mann con soggetto dello scrittore Lawrence Durrell. Bisogna dire che la celebre italiana, che ha festeggiato a settembre i suoi 88 anni, non è proprio nuova come interprete di film a sfondo ebraico poiché, oltre a queste due realizzazioni cinematografiche, ha partecipato anche alle riprese del film «I sequestrati di Altona», del 1962, con la regia di Vittorio De Sica (tratto da un  dramma  di  Jean-Paul Sartre ), e a quelle del film francese «Soleil» del 1997, diretto da Roger Hanin.



Ritornando al film di Edoardo Ponti, è a narrazione ben avviata che si appura che la donna è stata internata ad Auschwitz; in seguito madame Rosa vuole che una promessa, affinché sia mantenuta, sia detta in ebraico, per lei «la lingua sacra» ; infine l’ultimo elemento esplicito riferito all’ebraicità della protagonista è lo svolgimento del suo funerale in ebraico.
Il film, che doveva essere distribuito sin da novembre del 2020 nelle sale cinematografiche italiane, è stato distribuito sulla piattaforma  Netflix, perché le sale erano state chiuse a causa della  pandemia di COVID-19: ha dunque sofferto della relativa bassa visibilità per il pubblico italiano.
Nonostante tutto ciò il film italiano ha ricevuto numerosi riconoscimenti internazionali, poiché ha vinto quattro premi e ha ricevuto cinque «nomination» sia per la protagonista che per la regia o la sceneggiatura e finanche per la canzone del tema musicale finale cantata da Laura Pausini, che s’intitola « Io sì ».
Un discorso a parte merita il film italo-francese « Alla vita » che nel 2022 vede l’esordio come regista dell’attore Stéphane Freiss. Questo film è stato pure lui ambientato in Puglia e anche lui pone il problema della possibile usufruzione di una vita semplice malgrado tutti gli ostacoli che si frappongono nel presente o nel passato.
La trama è costituita dal breve soggiorno di una famiglia ebrea ultraortodossa francese in una fattoria per la raccolta dei cedri necessari per festeggiare la festa di Sukkot. Esther, la figlia del rabbino, è una ragazza che sta vivendo una crisi esistenziale. Lei incontra Elio (interpretato da Riccardo Scamarcio), il proprietario della fattoria, che a sua volta vive un periodo cruciale di interrogativi sulla sua vita. Insieme riusciranno, per un certo momento, a percepire l’ebbrezza della vita.
Il film non è riuscito a restare molto tempo nelle sale di proiezione italiane, ha raccolto, per il momento, una sola « nomination » al Festival du Film Francophone de l'Angoulême, ed uscirà nelle sale cinematografiche francesi ad inizio 2023.
Se andiamo a controllare quali siano state tra il 2020 ed il 2022 le altre realizzazioni cinematografiche italiane di rilievo, possiamo rilevare il filmTv di Alberto Negrin, del 2020, in cui Elena Sofia Ricci prende i panni della scienziata « Rita Levi-Montalcini » in uno sceneggiato che racconta il dilemma morale degli ultimi anni della sua attività.




Nel 2021 è stato presentato al pubblico italiano il laborioso film diretto da Davide Campagna «L’equilibrista con la stella», le cui riprese sono iniziate nel 2016. ll film è liberamente ispirato al libro «Il clown e la cavallerizza» di  Ingeborg Prior . La sceneggiatura originale è stata scritta da  Valeria Volpe . La trama narra le vicende svolte in Alto Adige, nel 1943, nel corso della seconda guerra mondiale, durante la feroce applicazione delle leggi razziali e vede come protagonista Anastasia, una giovane equilibrista,  ebrea  figlia di ex artisti del  circo. Le vite di Anastasia e di un ragazzo circense, Thomas, si incrociano quando il circo Freit giunge nel paese dove lei vive.



Volendo interrogarsi sull’importanza della cinematografia italiana che si ispira ad una tematica ebraica all’interno della produzione mondiale sarà utile già confrontarsi alla rubrica dell’enciclopedia gratuita in Rete, wikipedia, riguardante la categoria «Film sull’ebraismo» (rubrica non esaustiva). 
Una prima distinzione riguarda quella tra cortometraggi e film (lungometraggi). Orbene, mentre nessun titolo italiano è presente tra i cortometraggi, notevole è la presenza dei film italiani, a partire dal film muto « Il mercante di Venezia » del 1910 diretto da Gerolamo Lo Savio (che, in realtà, con i suoi 19 minuti potrebbe essere catalogato tra i cortometraggi), ma specialmente tra quelli sull’olocausto.
Possiamo dire che è tra questi ultimi che il film di Roberto Benigni svetta tra gli eccelsi «Il grande dittatore» di Charlie Chaplin e «Schindler’s List» e si riallaccia, secondo me, per certi versi, al film del regista francese Gérard Oury, «Le folli avventure di rabbi Jacob», in quanto dà anche una rappresentazione comica della comunità ebraica italiana.
Dobbiamo ricordare tra i "Film sul crimine organizzato ebreo-americano"; il grande film di Sergio Leone, «C’era una volta in America», del 1984, e non possiamo trascurare le polemiche suscitate negli anni passati da due film italiani, di un valore cinematografico però indiscutibile, cioè il film di Gillo Pontecorvo, «Kapò», del 1960, nel quale Edith, un'adolescente ebrea prigioniera in un campo di sterminio tedesco, cede all’istinto di sopravvivenza e diventa la crudele aguzzina delle compagne di prigionia; l’altro film è quello di Liliana Cavani, «Il portiere di notte», del 1974, che è addirittura considerato il capostipite di quel mediocre filone chiamato «nazisploitation», poiché mette in scena, nel dopoguerra, in una relazione sadomasochista, Lucia, un’ebrea sopravvissuta al campo di concentramento, e il suo ex aguzzino.
Possiamo terminare qui la nostra carrellata sul cinema a tematica ebraica segnalando al pubblico italiano che il primo film di animazione europeo nato per spiegare ai bambini la drammatica vicenda dell’Olocausto è del 2018, «La stella di Andrea e Tati» e  racconta la storia vera di  Alessandra e Tatiana Bucci , due sorelle italiane di origine ebraica, deportate ad Auschwitz e poi scampate all’Olocausto (Un breve trailer è disponibile in YouTube, a cura del Ministero dell’Istruzione). Inoltre vorrei segnalare un chiaro accenno alla presenza ebraica nella lotta contro il potere fascista nella pellicola del 1948 diretta da Francesco De Robertis, «Uomini Ombra». In questo film, ambientato durante la seconda guerra mondiale, il controspionaggio italiano riesce ad arrestare due spie, una delle quali è un informatore italiano, monsieur Maurice (in realtà in possesso di un passaporto neutrale), il quale tiene sulla scrivania del suo ufficio una menorah ben messa in evidenza verso l’epilogo della storia.


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Dott. Riccardo Guerrieri



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